Nei venti anni appena trascorsi di applicazione del PRG grandi interventi residenziali hanno occupato i luoghi storici dell’industria, grandi contenitori olimpici presentati come momenti di eccellenza architettonica, hanno segnato in modo molto significativo il nostro panorama urbano.
Nello stesso periodo, dietro il palcoscenico delle grandi trasformazioni, la capillare e diffusa trasformazione del tessuto edilizio, operata attraverso la pratica ordinaria dei piccoli interventi privati di “sostituzione edilizia”, ha cambiato in modo forse ancora più rilevante l’immagine delle città.. Da una parte un modello di cambiamento che opera alla grande scala urbana, secondo una ipotesi di visione complessiva, con grandi progetti di trasformazione e grandi “oggetti” di eccellenza, a cui spesso si attribuisce una supposto valore “internazionale”, dall’altra un fenomeno di trasformazione della città operato tramite piccoli interventi e più legato alla cultura architettonica locale, ai regolamenti, alle vocazioni delle imprese e alle loro tradizioni. Un fenomeno certo frammentario ma che presenta alcuni caratteri comuni e che racconta, seguendo il filo delle tradizioni costruttive locali, l’evoluzione dei modelli residenziali minori, spesso erroneamente esclusi dal circuito (o confine) dell’architettura d’autore. Dopo un periodo di grandi trasformazioni e trovandoci in una nuova compagine di risorse pubbliche molto ridotte, sembra utile ripartire da una rinnovata pratica di “cura dei luoghi”, dall’ascolto della città anche nei suoi aspetti marginali, tentando di colmare quello scollamento tra la città dei grandi interventi e la città vissuta. Il confronto pubblico, a partire dall’osservazione di 100 immagini di interventi minori, intende aprire la discussione in merito ad un fenomeno diffuso che sembra suggerire la necessità di ripartire dal basso, per accogliere ciò che “da sotto”, lentamente ed in modo capillare cambia la nostra città.
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