Uno spettacolo in cui una caccia alle streghe si fa metafora di intolleranza attraverso i tempi
di e con Giuseppina Facco
per la regia di Chiara Tessitore
domenica 4 marzo ore 19
Unione culturale Franco Antonicelli
via Cesare Battisti 4b Torino
Info e prenotazioni: info@officinaperlascena.it
Un’attrice, sola sul palco, alle prese con la sua ossessione: una storia che chiede ostinatamente di essere raccontata, un assillo che è come un tarlo che continua a rodere, un sogno che si presenta e si ripresenta sempre uguale, come una favola fosca o un incubo ricorrente in cui l’inconscio è intrappolato: c’è una bambina che tenta di parlare parole senza suono, chiuse, nascoste, ribelli, incomprensibili. Darle ascolto è, però, l’unico modo per far tacere l’ossessione, per far sì che il tarlo smetta di rodere …
Si entra così dentro al racconto.
1631. Il Monferrato è dilaniato dalla peste. I soldati occupano le terre e sottopongono la popolazione a continue violenze e saccheggi. Il popolo è esausto, ha fame. Vuole trovare i colpevoli, i responsabili della sventura che su di loro si sta abbattendo. In una piccola casa isolata, lontana dal Borgo, vive Maria con sua figlia. È sola, vedova e povera. Per sopravvivere fa l’ostetrica ed aiuta le persone con cure officinali. Non ci vorrà molto perché inizi a diffondersi la voce che Maria sia una strega e che lei e la figlia siano le sole responsabili per la carestia che affligge il villaggio.
Si avvia un processo nel quale vengono interrogati molti testimoni, tutti abitanti del Borgo, alcuni vicini di casa. Tutti sono d’accordo sulla colpevolezza di Maria e di sua figlia. Ognuno aggiunge elementi all’accusa, raccontando di dialoghi col demonio e danze notturne … è la fine per le due donne. Verranno incolpate, processate, torturate ed uccise.
Una storia di caccia alle streghe, come quella di tante altre persone, tutte donne, tutte sole, tutte perdute. Eppure, a rendere unica questa storia, è il punto di vista da cui è raccontata: quello di una bambina, Caterina, che – come è tipico dei bambini- è completamente affascinata, incantata da questa Maria che sa curare le persone e sa far nascere i bambini. Vorrebbe, addirittura, poter -un giorno- diventare come lei e con la piccola Margantina, gioca a raccogliere le erbe e a scappare di notte e correre per i campi facendosi raccontare le cose straordinarie che la sua mamma sa fare… L’incredulità della bambina verso le terribili voci che iniziano a circolare sulla sua figura di Maria, sarà la chiave per capire ciò che accadrà dopo; perché il ruolo di Caterina, in questa storia, non è solo quello di osservatrice…
FEU DE VIE è la storia di una parola che, una volta pronunciata, non ammette ritorno: non si può più tornare indietro. Nasce come un sospetto, poco più che un’idea; l’insinuazione cresce, prende corpo, si diffonde, striscia di mente in mente, diviene un pensiero, un
chiodo fisso, un’accusa che nessuno ha il coraggio di dire ad alta voce, finché a qualcuno non esplode in bocca come un grido rabbioso e incontenibile: “Strega”. Ha così luogo un processo senza ragione e senza pietà, che condanna e travolge tutto ciò che è diverso dalla norma.
FEU DE VIE è uno spettacolo più attuale di quanto non sembri. È davvero passato quel tempo nel quale il distinguersi dalla banalità, dall’ordinario, equivaleva a vivere nella paura, nascosti e isolati dal resto della società?
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