Ma spero

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L’11 aprile è morto, nella sua casa di Parigi, François Maspero. Per chi abbia ancora a cuore e speranza il lavoro culturale, si tratta di una delle più grandi figure del Novecento. La stampa francese e algerina gli riserva da giorni omaggi commossi. In Italia, ignoto e ignorato, solo poche e sorprendenti manifestazioni di affetto. A chi non ripugni il francese, tra le varie cose: http://revueperiode.net/entretien-avec-francois-maspero-quelques-malentendus/ Per gli altri, meglio del nulla, Sofri o Mughini.

Suo nonno aveva fatto incidere sulla tomba le parole “Ma spero”.

 

Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia

Caro Dago, apprendo da un articolo di Adriano Sofri sul “Foglio” che François Maspero è morto. Pochi giorni fa lo hanno trovato riverso sul pavimento del suo appartamento parigino, dove viveva da solo. Aveva 83 anni. Per mille e una ragione il nome di Maspero è tra i più sacri a quelli della mia generazione.

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La sua famiglia distrutta dai nazi, la sua libreria al Quartiere Latino fin dal 1959, le sue edizioni “terzomondiste” degli anni Sessanta e Settanta, l’ardire e l’indipendenza in tutto quello che faceva di libri e riviste, quel suo successivo itinerario originale di scrittore e viaggiatore a connettere decenni che diventavano sempre più diversi l’uno dall’altro, quel suo magnifico libro autobiografico (“Les abeilles et la guêpe”, 2002) che in Italia venne tradotto da un editore piccino piccino e che in pochissimi hanno letto.

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E ancora una cosa, la più acre: il tentativo di suicidio, nel 1973, da quanto era affranto e deluso che quella sua fatale libreria dove noi studenti di sinistra andavamo come in estasi, “La Joie de Lire”, fosse saccheggiata dai suoi clienti, “gens de gauche” che pensavano fosse loro diritto non pagare i libri da loro desiderati.

Me lo ricordo, lo ha scritto Sofri, che in molti della nostra tribù se ne vantavano di rubarli da quanto la “proprietà” è un disvalore borghese. Un mio amico dei primi anni Sessanta se ne partì da Catania per Parigi con un giaccone atto alla bisogna, irruppe al numero 40 di rue Saint-Sévérin e acciuffò il primo libro che ebbe a portata di mano, “Journal du voleur” di Jean Genet, e siccome il francese lui non lo conosceva me lo regalò.

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Purtroppo quello di rubare i libri della “Joie de Lire” (ma anche quelli delle librerie Feltrinelli in Italia) era divenuto un cerimoniale obbligato. Dei poco più che ventimila libri della mia biblioteca ne ho rubati due, tutt’e due in librerie francesi. Uno alla “Joie de Lire”, un libro su Rousseau che per giunta non ho mai letto. Ancora me ne vergogno e mi brucia. Tanto.

Non riesco a entrare nel me stesso di allora che prende un libro e lo nasconde nella sua cartella senza pagarlo. Studente che a malapena metteva assieme i due pranzi quotidiani, non avevo i soldi di che pagare tutti i (tantissimi) libri che volevo? Non è una giustificazione, proprio per niente. Era più o meno il 1968, con tutte le sue più che cinquanta sfumature di rosso.

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Ho incontrato Maspero circa vent’anni dopo, per un qualche lavoro giornalistico (o forse televisivo) che stavo facendo sugli anni della guerra in Algeria, gli anni in cui le edizioni Maspero erano state in primissima linea nel denunciare le nefandezze del colonialismo francese, e ne erano venute denunce e sequestri di libri a caterve.

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Quando me lo trovai di fronte, quasi mi volevo scusare con lui del lontano furto di un libro su Rousseau. Viveva in un appartamento scarno, un uomo che misurava le parole e i gesti, uno che se a quel punto della sua vita avesse dovuto scegliere tra la parola e il silenzio avrebbe scelto quest’ultimo. E difatti scelse il silenzio quanto alle mie domande.

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Non volle essere coinvolto, non volle dire nulla di quel che erano stati lui e le sue edizioni. Forse le sue idee sulla materia non erano più quelle degli anni Sessanta, forse la partizione tra il Male e il Bene era divenuta ai suoi occhi più complessa di quando un professore francese comunista (Henri Alleg) era stato torturato dai suoi connazionali perché sospetto di aver dato una mano ai terroristi algerini, e prima Les Editions de Minuit e poi Maspero pubblicarono la testimonianza di Alleg.

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Quanto a me, anch’io scelsi il silenzio per quel che è del libro su Rousseau. L’uno e l’altro eravamo abissalmente distanti da quel che eravamo stati negli anni Sessanta. Mi chiedo chi fosse diventato il Maspero degli ultimi anni, quanto ancora più lontano dai Sessanta. Quel millennio fa. Quando lui era stato un eroe.

GIAMPIERO MUGHINI

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