Il 15 ottobre 2017 all’età di 84 anni, Raffaele Radicioni, per tutti Raffo, ci ha lasciati.
Alla cerimonia funebre, presenti amministratori di Torino, tra cui Diego Novelli e Marilde Provera, la consigliera Elenonora Artesio lo ha definito “intellettuale organico” ricordando il suo ruolo di guida e formatore per tanti militanti: “sono cresciuta politicamente e istituzionalmente con lui, la sua umiltà lo portava a mettere il proprio sapere al servizio delle persone per cambiare il mondo. Sapeva dialogare e ascoltare con una mitezza che però non va scambiata con arrendevolezza, perché era, invece, intransigente”. Daniele Radicioni ha ricordato la figura di suo padre: “un uomo universale, quattrocentesco, caratterizzato da una voracità intellettuale che lo portava a spaziare dagli studi e dalle letture scientifiche più ardue all’amatissimo Dante”, riletto ancora una volta nella scorsa estate. “Un padre meraviglioso e divertente, un uomo universale e leggero, nel senso calviniano”.
Architetto, studioso, saggista, politicamente e socialmente impegnato fino agli ultimi giorni della sua vita nasce a Milano il 14 maggio 1933. Nel 1959 si laurea al Politecnico di Torino e fonda il Collettivo di Architettura di Torino (CoAr) nel quale svolge la sua attività professionale prevalentemente in campo urbanistico occupandosi, tra gli altri del PRG di Ivrea, Collegno, Settimo Torinese. Nel Collettivo condivide attività ed impegno politico con Pier Giorgio Lucco Borlera, Ida Carpano, Luigi Rivalta, Alberto Reale, Fausto Amodei, Biagio Garzena e, poi Carla Bodrato, Riccardo Sutto, Pino Chiezzi, Piergiorgio Tosoni.
Esponente del PCI torinese, tra il 1975 ed il 1985 è Assessore all’Urbanistica della Città di Torino nelle due giunte Novelli e imposta il nuovo Piano Regolatore Generale ai sensi della Legge Urbanistica Regionale (la 56/1977, cosiddetta Legge Astengo) orientato a riequilibrare lo sviluppo urbano a scala regionale, a moltiplicare i servizi e a ridistribuire la rendita urbana. Proprio per impedire l’approvazione di quel piano regolatore che avrebbe intaccato interessi consolidati, nel gennaio 1985 viene fatta cadere la seconda giunta Novelli e avviata con il Pentapartito una diversa impostazione del PRG (architetti Gregotti e Cagnardi) che sarà poi adottato dalla Giunta Castellani e approvato dalla Regione nel 1995.
A partire dal 1985 Radicioni torna all’attività professionale nel Collettivo di Architettura lavorando, tra l’altro, per il Piano Regolatore di Rivalta di Torino nei primi anni ’90 (con Lucco Borlera e Ognibene), per il Piano Regolatore di Venaria Reale tra il 1995 ed il 2005 (con Flavia Bianchi e Claudio Malacrino), per gli studi propedeutici al Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Torino tra il 2002 ed il 2007 (con Lucco Borlera, Carla Bodrato, Bianchi e Malacrino).
Negli stessi anni partecipa alle attività di ricerca e di impegno sociale e politico per una diversa politica urbanistica con Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, con Pino Chiezzi, consigliere regionale, con Bianchi, responsabile urbanistica di Legambiente Piemonte e Val d’Aosta, con Maria Teresa Roli di Italia Nostra.
Dal 2009 con Manfredo Montagnana, Presidente dell’Unione culturale di Torino e con Guido Montanari, docente del Politenico, promuove la nascita del Gruppo di studio “Città e Territorio” dell’Unione culturale, cui partecipano, tra altri, Lucco Borlera, Malacrino, Anna Gilibert, Roberto Gnavi, Emilio Soave, Antonella Visintin. Il Gruppo, tutt’ora attivo, realizza decine di incontri pubblici, seminari e dibattiti con esperti, studiosi, amministratori, nei quali vengono affrontati da diverse angolature disciplinari, i problemi della città contemporanea, diventando un punto di riferimento per quanti, nell’orma del lascito intellettuale di Radicioni, credono nella possibilità di realizzare una città “giusta”.
Per approfondire:
- Raffaele Radicioni, Pier Giorgio Lucco Borlera, Torino invisibile, Alinea, Firenze 2009.
- Guido Montanari, Torino futura, Celid, Torino 2020.
Il Gruppo Città e Territorio desidera ricordarlo condividendo questo passo tratto dal suo libro Torino invisibile (2009):
La cultura, che detiene il potere nelle università, nelle riviste specializzate, che esprime la maggioranza in istituti di cultura qualificati quali l’INU, ha da tempo abbandonato la critica e la ricerca delle cause della trasformazione del territorio, per assumere il ruolo più accomodante del sostegno plaudente al potere, qualunque esso sia, gestito ai livelli dello stato, delle regioni, dei comuni.
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