Sono giorni tragici: la Turchia bombarda la Siria del Nord con un’operazione che Recep Tayyip Erdoğan, manipolando il linguaggio in base alla sua logica prevaricatrice, chiama “Fonte di Pace”. Il nostro lavoro culturale prosegue ma il pensiero va alla Siria martoriata, al popolo curdo, a Hevrin Khalaf, segretaria generale del partito Futuro siriano, assassinata domenica, all’inaccettabile attacco dell’esperienza di democrazia dal basso in Rojava, alle Forze democratiche siriane che hanno sconfitto l’Isis e si trovano ora tradite dagli “alleati” occidentali.
Nel 2017/18 l’Unione culturale inaugurò la stagione degli anniversari “rivoluzionari”, dal centenario della rivoluzione d’ottobre al cinquantenario del ’68, con un incontro sulla straordinaria esperienza rivoluzionaria in atto in Rojava; l’anno scorso abbiamo ospitato proiezioni di film dedicati alle combattenti curde nell’ambito di un’iniziativa di sostegno al gruppo “Io sto con chi combatte l’Isis – Forza Ypg/Ypj” (prossimo presidio il 15 ottobre davanti al Tribunale di Torino) e abbiamo ospitato alcuni degli incontri organizzati nell’ambito di Culture sconfinate. Festival di espressione curda.
Mobilitiamoci in ogni modo possibile per chiedere che Erdoğan sia fermato, che l’Italia non fornisca più armi alla Turchia, che l’Unione europea non sia più complice di un assassino, che la NATO istituisca una no-fly zone nel nord della Siria. Sosteniamo il confederalismo democratico curdo e chi combatte e ha combattuto Daesh. Tanto più che alla situazione gravissima in Siria si aggiunge anche il pericolo che i terroristi jihadisti incarcerati dalle forze democratiche – 12 mila, di cui 2.000 occidentali – fuggano ovunque nel mondo con conseguenze che dovrebbero inquietare anche i governi occidentali.
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