In questo 2 giugno 2020 post-confinamento ma ancora non del tutto libero dalla pandemia, vi riproponiamo il testo che Franco Antonicelli scrisse sul Bollettino dell’Unione culturale in occasione del 2 giugno 1946. Buona lettura.
Bollettino mensile dell’Unione culturale, anno I, numeri 2-3 (aprile-maggio 1946)
2 giugno 1946
Lo studioso che cerca di comprendere gli eventi attuali con scrupolosa obbiettività – non con passione di parte, ma con passione di italiano – deve riconoscere che il 2 giugno avrà per il nostro popolo la più alta importanza. Non che ci possa attendere di vedere miracolosamente risolti dalla Costituente tutti i più gravi problemi italiani (questa è la maligna insinuazione dei soliti scettici), ma ci si può attendere con ragione che essa influisca in modo decisivo sulla loro futura soluzione. E ciò, sia nel caso di una netta vittoria progressista, sia in quello di una netta prevalenza delle destre, sia nel caso (che sarebbe il meno auspicabile) di un ambiguo equilibrio fra le due correnti. È quindi con una certa trepidazione che il popolo si avvia verso la giornata del 2 giugno; e, malgrado la comprensibile nausea per la banalità della propaganda elettorale, ognuno sente in sé l’impegno di compiere la propria scelta con ponderata avvedutezza.
Comunque possano andare le cose, è certo fin da oggi che tutti si attendono dal 2 giugno un profondo rinnovamento dello Stato italiano e una vittoria della legalità. “Ma come?” obietterà qualcuno “anche le destre si attendono un rinnovamento dello Stato italiano?”. Ed altri domanderà invece con malcelata diffidenza: “anche le sinistre vogliono davvero la vittoria della legalità?”.
La risposta non è difficile.
Anche le destre sanno che l’Italia uscirà dal 2 giugno profondamente rinnovata. Sanno per esempio che – in caso di vittoria monarchica – sarà impossibile conservare al re le vecchie prerogative che gli permisero – il 28 ottobre 1922 – di affidare il governo dell’Italia al capo di un piccolo gruppo di faziosi; o che gli permisero – dopo la crisi Matteotti – di confermare la sua fiducia sovrana all’uomo in cui tutto il popolo vedeva il vero mandante, e perciò il vero responsabile, di uno dei peggiori delitti della storia. In altri termini: anche se il popolo italiano confermerà il 2 giugno la sua fiducia al re, non sarà poi in alcun modo disposto a tollerare la sopravvivenza di un istituto come la monarchia fascista di Vittorio Emanuele III o come la monarchia reazionaria di Umberto I.
E allora: quale potrà essere il nuovo tipo di monarchia che eventualmente si instaurerà in Italia? Nelle condizioni di oggi, nemmeno il più convinto monarchico è in grado di predirlo con esattezza. Possiamo cavarlo d’impiccio, dicendo che la sua è una difficoltà insita nella natura stessa delle cose, poiché spetta alla Costituzione, ed unicamente ad essa, di precisare i caratteri del futuro Stato italiano, tanto nel caso di referendum monarchico quanto nel caso di referendum repubblicano. Vi sarà dunque senza dubbio, con il 2 giugno, un salto, ma non un salto nel buio, bensì nel nuovo. Il salto nel nuovo significherà semplicemente una svolta: e sarà tanto meno un salto nel buio quanto più la svolta sarà netta, cioè deciso il trapasso dal vecchio regno d’Italia a una forma nuova di Stato, capace di garantire sul serio la libertà del paese.
Ma come avverrà questo trapasso? È qui che entra in gioco la seconda grande attesa del popolo italiano. Il trapasso deve compiersi – così vuole la grande maggioranza degli elettori – nel più perfetto ordine, sì da segnare un vero trionfo della legalità.
Soltanto l’ingenuo, soltanto chi non conosce la storia, può credere che ogni profondo rinnovamento esiga, per attuarsi, il disordine e le barricate. Il popolo italiano ne ha avute già fin troppe, di violenze e di barricate, negli ultimi anni. Non occorre molta perspicacia per vedere che, ora, esso desidera una cosa sola: la legalità.
Questo suo profondo desiderio è del resto ben comprensibile. Disordine costituzionale e illegalità furono le caratteristiche dei vent’anni di oppressione fascista. Il trapasso al nuovo Stato (se esso ha da essere sul serio nuovo) dovrà dunque significare abbandono completo delle illegalità. Il salto nel nuovo deve essere il trapasso ad una legalità effettivamente funzionante.
Quale partito, dopo una difficile battaglia elettorale, potrebbe avere il coraggio di deludere questa infrenabile speranza del popolo? Non possono farlo né le destre né le sinistre, se non vogliono perdere per molti anni ogni loro influenza sul popolo; ma tanto meno possono farlo le sinistre, che più direttamente si appoggiano alle masse dei sofferenti, e sentono perciò più da vicino il profondo grido del popolo che domanda pace vera e ordine effettivo. E del resto: se qualche partito avesse avuto in mente di ricorrere alla illegalità, perché tutti (o almeno quasi tutti) tanto auspicarono l’avvento della Costituente?
È caratteristica di ogni Costituente, di attuare nella legalità il trapasso da vecchie a nuove forme di Stati. Ma il lavoro di una qualunque assemblea eletta dal popolo è destinato a riuscire o a non riuscire, a seconda dell’appoggio che questo popolo continua a darle durante i suoi lavori. Ora è certo che il nostro popolo è disposto a dare tutto il suo appoggio alla prossima assemblea costituente, se, e soltanto se, essa saprà guidarlo con sicurezza ad una forma di Stato completamente puro da ogni spirito fascista, cioè spoglio dal disordine e dalla violenza. È pertanto certissimo che qualunque gruppo di partiti, se vorrà compiere un lavoro efficace, dovrà seguire la via dell’ordine e delle trasformazioni pacifiche.
Bando dunque alla paura, che non può mai essere buona consigliera! Si abbia fiducia in noi, nell’intelligenza e nel senso di responsabilità del nostro popolo. Si abbia fiducia nel futuro; e si pensi che, una volta tracciata bene la via da percorrere, tutti gli ostacoli contingenti potranno venire via via superati, per quanto essi sembrino gravi.
Alla rinascita del paese, e perciò all’appoggio dei lavori della Costituente, è impegnato tutto il popolo. Sono impegnati, in particolare, tutti quelli che amano profondamente la cultura, e sanno che la vera cultura potrà rifiorire tra noi solo se sapremo dare al nuovo Stato italiano una forma libera e civile.
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